Benvenuti in Madagascar: un ponte educativo tra biodiversità, ricerca e cittadinanza globale
In un’epoca segnata da una crisi climatica globale e da disuguaglianze sociali cresce la consapevolezza che la sostenibilità non possa essere solo una questione ecologica, ma anche educativa, culturale e sociale. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite invita a ripensare i modelli di sviluppo attraverso una visione integrata, in cui ambiente, diritti ed educazione crescono in sinergia. Ma quali azioni possono essere intraprese per integrare concretamente l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile e l’Educazione alla Cittadinanza Globale all’interno dell’obiettivo 4.7 di Agenda 2030?
Una realtà del Madagascar orientale ci offre un esempio virtuoso. È la foresta di Maromizaha, non lontana dalla capitale Antananarivo: 2150 ettari di natura popolata da piante e animali unici al mondo. Qui l’Università di Torino porta avanti da oltre vent’anni attività di ricerca sulla biodiversità, in stretta collaborazione con le comunità locali e con enti nazionali e internazionali
Lo European Journal of Zoology ha recentemente pubblicato un articolo sull’ultimo progetto di educazione ambientale che coinvolge la scuola del villaggio di Anevoka, ai confini della foresta. Il progetto Tonga soa Madagasikara! (“Benvenuti in Madagascar!”) è nato dall’impegno di Aurora Colangelo, laureata all’Università di Torino in Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo e oggi insegnante. Nel 2024 è tornata a Maromizaha, dove aveva già lavorato per la sua tesi, e ha aperto un ponte tra gli studenti della Scuola Primaria di Anevoka e la classe di scuola secondaria di primo grado in cui attualmente insegna. Docenti e studenti hanno lavorato a distanza sulla biodiversità e le tradizioni del Madagascar.
Le attività didattiche realizzate in Africa (qui il video che le presenta) sono state di tipo esperienziale, fondamentali per permettere alle bambine e ai bambini di rafforzare il loro legame profondo con la foresta. La creazione di un erbario, raccogliendo campioni di piante nel cuore di Maromizaha, ha permesso di conoscere meglio la foresta e il suo delicato ecosistema. Il coinvolgimento degli studenti nella riforestazione del bambù endemico, parte integrante del progetto di conservazione Volohasy, li ha messi in contatto con chi lavora ogni giorno per preservare la biodiversità, rendendoli parte attiva dello sviluppo sostenibile della comunità. Particolare attenzione è stata data al legame tra natura e cultura: due guide di ricerca hanno condiviso con gli alunni le tantara, antiche storie legate alla foresta e ai suoi abitanti, disegnate in seguito dai ragazzi.
In Italia, è stata invece una classe prima dell’Istituto Comprensivo “Igea” di Bellaria Igea Marina (Rimini) a cimentarsi con la biodiversità del Madagascar messa a confronto con quella del loro territorio. Le ragazze e i ragazzi hanno lavorato sulla fauna di Maromizaha con la metodologia della flipped classroom, realizzando schede su diverse specie di vertebrati e arrivando a riconoscere la biodiversità come bene comune. Il confronto con una cultura diversa ha permesso di ampliare lo sguardo sul mondo, rafforzare la consapevolezza ecologica e il senso di cittadinanza globale.
Tonga soa Madagasikara! è stato reso possibile dalla pluridecennale esperienza dell’Università di Torino a Maromizaha. Il Dipartimento di Scienze della vita e biologia dei sistemi è attivo nella foresta sin dal 2001 con programmi di ricerca etologica. Il Madagascar rappresenta, infatti, uno dei 36 hotspot di biodiversità del mondo: quasi il 90% delle piante e circa l'85% degli animali sono endemici dell'isola, separatasi dalla terraferma circa 150 milioni di anni fa. Tra i mammiferi spiccano il carnivoro fossa (Cryptoprocta ferox) e le oltre 100 specie di lemuri, primati ancestrali unici al mondo. Tra loro Indri indri è l'unico lemure cantante: presenta il maggior numero di ritmi vocali condivisi con il repertorio musicale umano, superando gli uccelli canori e altri mammiferi.
Cooperando con il Groupe d’Étude et de Recherche sur les Primates de Madagascar (GERP) e con la popolazione locale è stato possibile nel 2008 dichiarare Maromizaha Area Protetta. Le attività di ricerca scientifica si sono gradualmente sviluppate all’interno di progetti di cooperazione internazionale, che hanno efficacemente integrato le conoscenze indigene e diversificato le opzioni di sostentamento per ridurre la dipendenza dalle risorse forestali, gravemente minacciate dalla pressione antropica. L’istituzione in piena foresta del Maromizaha Research Polyvalent Center (CRPM) ha rappresentato un passo cruciale per lo sviluppo delle attività. La struttura coniuga la ricerca sulla biodiversità con lo sviluppo rurale della popolazione locale. L’obiettivo è bilanciare la conservazione ecologica con la crescita economica sostenibile dei dieci villaggi che circondano Maromizaha, assicurando che le popolazioni locali traggano beneficio dagli sforzi di conservazione e al contempo vi partecipino attivamente. Lavorando a stretto contatto con le istituzioni locali, all’interno del Centro sono state ospitate numerose attività di formazione professionale (18 guide turistiche e 30 guide di ricerca, 20 guardie forestali) che hanno coinvolto la popolazione, il personale di altre aree naturali e oltre 100 studenti e ricercatori, locali e internazionali, che hanno svolto attività sul campo per le loro tesi. L’attenzione del CRPM si è poi rivolta alla scuola primaria di Anevoka, implementandone le strutture, garantendo uno stipendio a tutte le 7 insegnanti e contrastando l’abbandono scolastico degli alunni tramite i servizi di mensa. Numerose attività didattiche hanno nel tempo contribuito ad arricchire il curricolo della scuola: outdoor education, partecipazione a progetti di riforestazione e di gestione dei rifiuti, orto scolastico, proiezioni pubbliche e narrazioni a carattere ecologico. La scuola ha ospitato in media 256 studenti l'anno dal 2014 ed è divenuta luogo di aggregazione aperto alla comunità locale, rafforzando il senso di cittadinanza attiva nella tutela di un bene comune: la foresta.
L’impegno condiviso tra Università, organizzazioni per la conservazione e comunità locali rappresenta un modello virtuoso di cooperazione: un approccio olistico e partecipativo alla tutela ambientale, capace di colmare il divario tra gli obiettivi della scienza e le esigenze reali di chi vive in contesti fragili. Un’esperienza che genera sviluppo sostenibile e, allo stesso tempo, un profondo arricchimento formativo, anche a migliaia di chilometri di distanza.