Perché un giornale dell'Università?
- Società
Viviamo in un mondo molto complesso, sempre più conflittuale e polarizzato a ogni livello, che proprio per questo ha un gran bisogno di informazione. Conoscere e comprendere sono un’esigenza del quotidiano di ciascuno; l’informazione, quindi, è un capitale prezioso quando è corretta, accessibile, ma soprattutto quando sa intercettare i reali bisogni delle persone. Altrimenti non resta che l’ombra di una vuota buona intenzione.
Infatti, a fronte dei nuovi bisogni informativi emergenti, il sistema tradizionale vive una crisi che pare irreversibile: le testate giornalistiche tradizionali soffrono l’inarrestabile emorragia di copie e i relativi portali online patiscono l’apatia causata da priorità tematiche superate; le tv hanno visto invecchiare i loro pubblici nella speranza di un ricambio generazionale che non esiste, mentre le radio sono il luogo dei grandi successi dell’infotainment più spettacolare che informativo.
È tempo di ibridazione di forme, formati, linguaggi dell’informazione
Se, come mostra da anni il Digital News Report del Reuters Institute - uno tra i più autorevoli centri di ricerca sul giornalismo al mondo - sempre più significativi segmenti di pubblico hanno preso a evitare selettivamente le notizie quando le riconoscono e le percepiscono come ansiogene o troppo negative, ciò significa che il problema di questi tempi non è solo, né primariamente, la disinformazione ingegnerizzata su Internet e sui social network, ma piuttosto la difficoltà ormai strutturale del sistema editoriale di incontrare i bisogni emergenti di informazione.
È tempo, infatti, di ibridazione di forme, formati, linguaggi dell’informazione, perché la funzione informativa da soddisfare permane, mentre il suo assolvimento è troppo spesso frustrato da un giornalismo out of time. Gli specialismi esperti e competenti narrati su podcast, i contenuti video rispondenti alle esigenze distributive degli algoritmi di piattaforma, una scrittura sensibile allo scrolling, alla velocità di fruizione, alla news fatigue costituiscono solo alcuni esempi di quell’adattamento necessario ad evitare la fuga delle persone da un’informazione generalista, ma spesso generica, non più in grado di stabilire un rapporto fiduciario con l’opinione pubblica, che manda in crisi un caposaldo dell’informazione come professione: il riconoscimento diffuso dell’autorevolezza che legittima la fonte.
Proprio lì, negli spazi interstiziali sempre più ampi lasciati scoperti da un mondo che ancora insegue vecchi bisogni informativi, nel frattempo diventati presunti tali, si inserisce Otto, la testata giornalistica dell’Università di Torino. Lì per accettare la sfida dell’attuale giornalismo ibrido, capace di intercettare i bisogni informativi emergenti per soddisfarli, integrando le competenze dell’Università, l’approccio rigoroso alla realtà nelle sue diverse implicazioni scientifiche con i punti saldi di un’informazione verificata e contestualizzata con professionalità giornalistica.
Perché l’Università lancia un giornale? Per mettere in circolo “discorsi diretti”, non scalfiti nel loro potenziale informativo
“Discorsi diretti” è il pay-off scelto per posizionare Otto in un paesaggio informativo già sovraccarico di iniziative editoriali. In queste due parole però si trovano la specificità e l’originalità di questo giornale.
Alla domanda che tanti si faranno: "Perché l’Università lancia un giornale?", la risposta risiede in quelle due semplici parole: per mettere in circolo “discorsi diretti”: cioè nel senso di discorsi espliciti, chiari, netti ma, al contempo, anche nel senso di discorsi non scalfiti nel loro potenziale informativo da intermediari non più pienamente efficienti e troppo spesso neanche efficaci.
In questo senso, assumiamo qui un impegno: sempre Otto partirà dalla realtà, dubitando con la scienza dei suoi riflessi astratti, benché verosimili, ideologici e di senso comune.
Auguri a Otto, quindi, perché ha di fronte una sfida molto ambiziosa, che viene lanciata all’interno di uno scenario di crisi profonda dell’editoria. Per altri versi, però, riteniamo non vi sia momento più propizio per proporre un nuovo modello di informazione di quello nel quale tutti ne sono, in qualche modo, alla ricerca. Per parte nostra, resta il conforto di essere parte di un’istituzione scientifico-culturale con seicentoventi anni di grande storia, con un prestigio che si consolida nel tempo e con un capitale di autorevolezza testimoniato da una comunità di studentesse e studenti che cresce, si espande e diventa la miglior garanzia di qualità.