Una pietra d'inciampo al Dipartimento di Psicologia in memoria di Luigi Ottino
In via Verdi 10, attualmente sede del Dipartimento di Psicologia, è stata posata una pietra d'inciampo dedicata a Luigi Ottino, deportato per motivi politici a Mauthausen nel marzo del 1944. È stata collocata sul marciapiede antistante a Palazzo Badini dove la vittima risiedeva.
Le Pietre di inciampo (Stolpersteine) sono un monumento diffuso e partecipato ideato dall'artista tedesco Gunter Demnig per l'Europa. Per ricordare le singole vittime del nazionalsocialismo, l'artista produce piccole targhe di ottone poste su cubetti di pietra che sono poi incastonati nel selciato davanti all'ultima abitazione scelta liberamente dalla vittima. La targa riporta “Qui abitava…”, il nome della vittima, data e luogo di nascita e di morte/scomparsa. Sono state posate finora più di 90mila pietre in oltre 1800 città di 26 Paesi.
Le pietre d'inciampo restituiscono la storia personale, ridanno nome a chi ne fu privato per via dell'applicazione dell'ideologia nazifascista e ricostruiscono, al tempo stesso, la storia delle città secondo i diversi luoghi da cui furono costretti ad allontanarsi o in cui vennero arrestati, o in cui risiedevano prima di scegliere la lotta partigiana, i deportati nei Lager nazisti. Per Torino e il Piemonte, le vittime sono i resistenti, gli ebrei, gli oppositori politici, i partecipanti alla "resistenza civile" e alle lotte nei luoghi di lavoro.
Luigi Ottino fu arrestato per la sua attività da partigiano iniziata pochi mesi prima del suo arresto. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, ancora diciannovenne, decise di aderire alla Resistenza. Con il nome di battaglia “Gigi", a partire dal 2 ottobre 1943 aveva iniziato ad operare all’interno della 1a Divisione Garibaldi, 4° Brigata Garibaldi. A seguito dell’arresto venne condotto al carcere Le Nuove di Torino dove rimase fino al 13 marzo 1944, giorno in cui iniziò la sua deportazione verso il campo di concentramento di Mauthausen. Al momento della registrazione Luigi Ottino fu classificato come Schutz e gli fu assegnato il numero di matricola 5902411. Appena quattro giorni dopo il suo arrivo venne inviato al sottocampo di Gusen dove rimase diversi mesi. Dopo la guerra la famiglia iniziò le ricerche per ottenere maggiori informazioni sul destino toccato al proprio congiunto. Alcune corrispondenze con la Croce Rossa Internazionale, risalenti al periodo postbellico, riportano che venne visto ancora in vita alla fine dell’aprile 1945. Tuttavia, nessun documento, fino ad oggi, può affermare con sicurezza questa informazione. Proprio per questo motivo, sia la data che le circostanze della morte rimangono ad oggi ignote.