Gli “eroici” vigneti del Mombarone sono diventati patrimonio nazionale

Gli irti vigneti che tratteggiano le ultime montagne del Piemonte, nell’Alto Canavese prima dell’inizio della Valle d’Aosta, sono diventati patrimonio nazionale. È il risultato di un lungo lavoro a cui ha partecipato attivamente il Centro studi per lo sviluppo rurale della collina dell’Università di Torino e che, oggi 5 febbraio, viene presentato alla Camera dei deputati.
I paesaggi terrazzati viticoli e agricoli del Mombarone sono stati infatti iscritti, attraverso il decreto ministeriale del 18 dicembre del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, nel Registro nazionale dei Paesaggi rurali di interesse storico, delle Pratiche agricole e delle Conoscenze tradizionali.
I comuni interessati sono quelli di Carema, Nomaglio, Settimo Vittone e Borgofranco di Ivrea, tutti in provincia di Torino. Il loro territorio agricolo è contraddistinto da un complesso sistema di terrazzamenti che testimonia le antiche necessità delle comunità contadine di rendere produttivo un maggior numero di superfici plasmando interi versanti.
"Si tratta del primo sito piemontese a essere riconosciuto come paesaggio rurale storico di interesse nazionale", spiega il prof. Marco Devecchi, presidente del Centro studi per lo sviluppo rurale della collina. "Sono paesaggi terrazzati – aggiunge il docente – caratterizzati da una modalità di coltivazione dell'uva singolare ed è quella della pergola caramese, ovvero colonne di pietra e malta, dette in piemontese pilun, che sostengono il legno di castagno. Sono la testimonianza di un lavoro eroico che si è mantenuto nel tempo”. Qui, tra questi monti, si produce un vino rinomato come il Carema, una doc, il nebbiolo del nord del Piemonte.
L’iter di candidatura è stato complesso ed è stato avviato nella primavera del 2018, prendendo le fila dal lavoro di laurea magistrale di Enrico Pomatto, dottore agronomo specializzato in architettura del paesaggio, che ha curato e coordinato il dossier di candidatura. “Il lavoro – sottolinea Pomatto – è partito da un’identificazione storica su base archivistica ed è proseguito con il coinvolgimento delle comunità locali, come vuole la Convenzione europea del paesaggio che quest’anno compie 25 anni. Alla base c’è un’indagine quantitativa e qualitativa ed è importante, affinché l'iter abbia una conclusione positiva, che il paesaggio candidato abbia mantenuto e sia gestito con pratiche tradizionali e che allo stesso tempo sia vivo, cioè si pratichi ancora un'agricoltura per il sostentamento delle comunità locali. La superficie di integrità storica individuata, che deve superare il 50%, è qui del 68%”.
Quello raggiunto potrebbe essere solo un primo traguardo: "Stiamo organizzando per il 14 marzo, Giornata nazionale del paesaggio, un convegno sul lavoro svolto. Si terrà – conclude Devecchi – nella sede della Città metropolitana di Torino in corso Inghilterra. Il passaggio successivo potrebbe essere la candidatura per ottenere il riconoscimento della Fao, il Giahs (Globally Important Agricultural Heritage Systems)".